Gian Luigi Garzonio nacque nel 1929 a Biella, suo padre direttore dell’Istituto Sanpaolo, fu trasferito prima a Novara dove Gian Luigi il 28 ottobre 1947 si iscrisse al Politecnico di Milano ad Ingegneria (matricola 675!) contro la sua volontà, ma voluto fortemente dal padre.
Amava moltissimo il jazz e con alcuni amici di liceo, tutti ancora minorenni, (all’epoca la maggiore età avveniva a 21 anni), scappò di casa per andare a Juan Les Pins in Costa Azzurra, dove ogni anno in agosto si svolgeva e si svolge tuttora, un festival internazionale.
Purtroppo allora esistevano le frontiere e non potendo attraversarla si rivolsero a un contrabbandiere che li traghettò via mare fino ad Antibes. Mi confessò però che ebbe paura, riuscì a chiamare casa e il suo papà andò a prenderlo e Gigi (così veniva chiamato in famiglia) ricevette rimproveri e punizioni.
Dopo il trasferimento del papà a Torino, Gigi si impose e si iscrisse ad architettura dove si laureò con molta difficoltà col grande Mollino.
Gigi amava l’architettura milanese coi grandi dell’epoca come Caccia Dominioni, Gio Ponti, Portalupi, Gardella, Albini, che invece non erano molto amati dal suo relatore.
La tesi che gli fu assegnata fu di progettare un ospedale psichiatrico, Gigi non seguì le direttive del suo relatore e, arrivato alla discussione della tesi di laurea, Mollino guardò il progetto e glielo sbattè quasi in faccia con le testuali parole: “Se avessi mia madre malata piuttosto di ricoverarla in un posto del genere l’ammazzerei”, penalizzandolo moltissimo e non tenendo conto della media dei voti dei suoi anni di studio.
Gli sono grata perché poco più che ventenne mi fece conoscere il suo adorato Klee (mi raccontava spesso che al Politecnico nei primi anni ’50 nessuno lo conosceva), i surrealisti i dadaisti, i cubisti. Il regalo delle nostre nozze, avvenute nel 1970, che più amò, furono due acqueforti del suo amico Sergio Saroni direttore dell’Accademia Albertina.
Negli anni ’70 passavamo ormai le vacanze in Costa Azzurra, Gigi mi portava spesso a prendere l’aperitivo in un grande albergo di Cap d’Antibes; entrava disinvolto come fossimo degli ospiti, ci accompagnavano con l’auto elettrica al bar con piscina scavata nella roccia e noi tranquillamente (per la verità io no) a sorseggiare un cocktail insieme a personaggi famosi ed emiri arabi. Non fummo mai scoperti, e questo durò per un bel po’.
Molti di questi aneddoti surreali avvennero negli anni vissuti insieme, ma purtroppo Gigi, nella maturità divenne un uomo tormentato, triste, introverso, solitario, con pochissimi amici. Pochi i suoi momenti di gioia.
Dopo anni, nostra figlia Paola-Antonella, non volle seguire le sue orme, si iscrisse al Politecnico di Torino ad Ingegneria dei Materiali laureandosi a pieni voti nel 1999.
Nella sua vita Gigi ha dipinto, scritto poesie, pièces teatrali.
Volle che alla sua morte sul necrologio venisse scritto:
“La Morte è venuta
Ed io non sono più
No, non cercatemi
Negli angoli della casa,
Di me è rimasto solo il ricordo
Di chi
Mi è stato vicino.
Poi più nulla.
Nulla di Nulla”
Verso tratto da una sua poesia del libro “Court-Circuit”
Giusi Gifuni
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