Andrea Conti era mio padre. Nato nel 1919, quando sono nata aveva 53 anni ed è morto che avevo 10 anni. Mio padre è stato internato militare per due anni dal 1943 al 1945 in Germania. Una volta finita la guerra è dovuto andare a fare il minatore in Belgio. Ha poi lavorato nelle fonderie a Torino per la Fiat.
Mi ricordo che era molto comico, buffo. Era sempre pronto alla battuta, al gioco, allo scherzo. Mia madre mi racconta che voleva fare il comico, voleva proprio studiare per fare questo mestiere. Ma a 19 anni è stato arruolato per la leva che, all’epoca, durava 5 anni. Il destino è stato diverso, purtroppo. Fortunatamente sapeva tagliare I capelli, questo lo aiutò in prigionia per procurarsi un po’ di cibo in più dai militari tedeschi a cui faceva da barbiere. Mio nonno era filo fascista, così quando mio padre tornò nel suo paese nelle Marche a Ostra dopo la prigionia non era ben visto in paese dal podestà che gli disse: “Per te Andrè qui non c’è posto per lavorare!”. Dopo quello che aveva sofferto e non essendo schierato politicamente, rispose con un pugno in faccia al podestà prendendo 5 anni di “buona condotta”. Fu così che dovette andare in Belgio in miniera.
Incontrò mia madre che erano molto grandi. Hanno vissuto insieme solo 10 anni. Fumava molto, sorrideva molto e giocava molto con me bambina (solo da grande mille volte mi sono domandata come avesse fatto a mantenere un approccio alla vita così solare).
Roberta Conti
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