Antonella nasce il giorno 8 dicembre 2003 alle otto di sera, nel letto otto della stanza otto dell’ospedale Di Venere, di Bari Carbonara, con un parto naturale.

Nasce quasi senza piangere e con gli occhi ben aperti, probabilmente già curiosa di quel che le si agita intorno, come documenta la prima della lunga serie di foto che le ho scattato da allora fino a 3 giorni prima della sua morte, in una fredda mattina di novembre del 2017.

Angela, la mamma, nei primi anni lascia il lavoro per starle accanto. Anto è stata molto attesa e desiderata, forse anche perché la sua nascita è stata preceduta da una gravidanza interrotta in modo molto traumatico al quinto mese.

I primi anni li passa in casa tra mamma, nonni e parenti, tutti ovviamente pazzamente innamorati di lei, sempre sorridente, sempre in movimento, sempre curiosa.

Solo nel 2006, dopo la nascita del fratello Paolo, Antonella inizia la sua avventura scolastica, con il primo anno di scuola materna.

Il primo giorno è incuriosita dai compagni che piangono perché non vogliono lasciare la mamma. Lei invece è entusiasta di questa novità! Tanti giochi, tanti compagni, il pulmino che viene a prenderla a casa. È così contenta che quasi non vorrebbe tornare a casa, cosa che, comprensibilmente, ai suoi maestri sembra piuttosto sospetta. Non c’è dubbio, Antonella è da subito molto indipendente. Non mancherà mai di far capire a me e Angela quanto lo sia, non facendosi mai problemi a precederci nelle passeggiate, o ad avvicinarsi senza paura a persone mai viste prima, preferibilmente per abbracciarle.

Nel 2009 Antonella inizia a frequentare la scuola elementare a Valenzano, dove continuerà a frequentare fino al termine delle medie inferiori nel 2017.

Sono questi anni di passione per la lettura, di libri di mille pagine divorati in un baleno, di storie fantastiche inventate a tavola durante la cena, in cui personaggi si rincorrono e si trasformano, purtroppo non lasciando traccia su carta ma solo nella sua fantasia.

Nel tempo io e Angela cerchiamo una attività fisica che possa piacerle, per darle una alternativa agli amatissimi cartoni animati, preoccupati della sua salute: e così si susseguono danza classica, piscina, ginnastica artistica, danza moderna, judo, pallavolo. Ma Antonella è piuttosto pigra, per sua stessa ammissione, e non riesce ad appassionarsi a nessuna di queste attività, anche perché è del tutto estranea alla logica della competizione.

Resteranno memorabili i combattimenti di Judo nei quali di fronte all’agonismo dell’avversaria scoppiava in un riso irrefrenabile, scatenando l’ira del maestro!

Alla fine, però, trova la sua passione, o forse è la passione che trova lei: il teatro!

Mentre pigramente fa finta di imparare a nuotare in piscina, vede un gruppo di bambini che a bordo vasca, in una stanza delimitata da pareti di vetro, fa laboratorio di teatro. Purtroppo, non è possibile entrare a far parte di quel gruppo, perché è già aprile. Lei non si scoraggia, strappa la locandina del corso e la conserva per l’anno successivo, chiedendo con insistenza, stavolta in tempo, di poter partecipare. Ha otto anni, ed è al suo primo laboratorio di teatro!

Antonella ama il palcoscenico, ama i suoi compagni di corso e le sue maestre, ama gli applausi del pubblico. Insomma, il teatro fa per lei, e davvero con le sue compagne di corso si sente bene.

Ma non le piace solo stare sul palcoscenico, le piace anche assistere! Io ed Angela accompagniamo lei e Paolo a concerti musicali, balletti, spettacoli teatrali, opere liriche, artisti di strada. Solo nel mese della sua morte assiste con me alla “Lucia di Lammermoor”, e con Angela al concerto di Caparezza, cantautore che ama tantissimo. In particolare, c’è una canzone che in quel novembre sente molto spesso, “Una chiave”. Scopriremo solo dopo che parla proprio di lei.

Ovunque ci sia qualcuno che crea arte Antonella è felice di esserci e si sente vicina a quella bellezza. La bellezza che ritrova nelle visite ai musei durante le domeniche di autunno, o nelle vacanze in giro per l’Italia, e nella musica, che è sempre parte delle sue giornate dal mattino alla sera.

Antonella ama gli autori italiani, Samuele Bersani e ovviamente Caparezza sopra tutti, ma ascolta anche musica internazionale e musica classica.

Durante la ricerca di musica su internet scopre la stand-up comedy, che ben si concilia con il suo spirito irriverente e ironico, e le giravolte verbali di Alessandro Bergonzoni: è amore a prima vista!

Pur essendo da piccola convinta di essere destinata ad un lavoro molto particolare, l’entomologa, per via della sua (insana! 😊) passione per gli insetti, nel tempo si appassiona alla politica, e sceglie al termine delle medie di iscriversi al Liceo Classico Socrate di Bari, che frequenterà fino al giorno della sua morte. La sua idea in quel momento era che il classico l’avrebbe portata al giornalismo, e da lì sarebbe passata alla politica.

Il punto è che Antonella non sopporta le ingiustizie, in nessun caso e in nessun modo, e considera un ovvio dovere far di tutto per eliminarle. Passarci sopra per lei non è un’opzione, e la politica è un modo per impegnarsi in prima persona.

Così come non è una opzione praticabile scendere a compromessi per piacere, o adeguarsi alla moda o a quel che gli altri dicono o credono. Quando, per il timore di rimanere sola, lo fa, lo sente come un insopportabile tradimento al suo stesso essere.

Il suo ultimo pomeriggio lo passa ad un corso facoltativo di diritto: chissà forse avrebbe ancora cambiato idea sul suo futuro, e del resto c’era ancora tanto tempo. O almeno questo era quel che pensavamo.

Anto, infatti, nasconde con tenacia un malessere profondo, molto più profondo di quanto chiunque possa immaginare. Nessuno si accorge della sua sofferenza, né lei chiede mai aiuto, né una lacrima mai la tradisce.

Cosa abbia originato questo malessere, in così giovane età, non ci è dato di sapere. Abbiamo comunque capito che questa è una domanda piuttosto oziosa: il suicidio è un evento che non può essere ricondotto ad una singola causa. È ovvio che eventi che alcuni trovano assolutamente insopportabili, sono affrontati da altri senza particolari problemi. Quindi chiedersi perché non è di molto aiuto per il futuro.

La domanda che invece, almeno nel caso di Antonella, è essenziale, perché ci permette di pensare ad una prevenzione per gli altri è: perché non ha chiesto aiuto?

Non lo sappiamo, possiamo solo fare delle ipotesi. Probabilmente non c’è un solo motivo. C’è l’orgoglio, come lei stessa scrive in una lettera rinvenuta dopo la sua morte, c’è forse la preoccupazione di non essere di peso per le persone che ama, c’è la sensazione che a nessuno dei suoi compagni importi di lei.

Io credo che il filo rosso che unisce questi “motivi” sia la vergogna. La vergogna di vivere le proprie emozioni, di apparire debole, di sentirsi diversa, di non essere sufficientemente indipendente per risolvere autonomamente i propri problemi. Una vergogna che tutti noi condividiamo, tutti noi condividiamo la fragilità, tutti abbiamo bisogno in alcuni momenti di aiuto. Parlandone disinneschiamo le conseguenze di questa vergogna, Anto invece pensa di dover riuscire a risolvere tutto da sola, sbagliando tragicamente.

Un martedì mattina la scuola, i compiti, la vita stessa, tutto le sembra troppo, troppo difficile da affrontare. “Ogni cosa fa male”, scrive. Si arrende. Ha esaurito le forze. Fa in extremis qualche timido tentativo di chiedere aiuto, senza successo: spegne il telefono e ci lascia.

Io, Angela, ed altri amici abbiamo fondato una associazione di volontariato, Anto Paninabella OdV (www.paninabella.org), con il proposito di far sì che la sofferenza di Antonella non sia stata inutile. Portiamo la sua storia ai ragazzi, per mostrare i pericoli che la vergogna di chiedere aiuto comporta, organizziamo corsi per i docenti, perché possano capire più facilmente quando c’è qualcosa che non va, progettiamo interventi scolastici per promuovere il benessere e l’autostima.

E naturalmente ricordiamo Antonella, e la sua luce che ha illuminato brevemente, ma per sempre, le nostre vite.

Domenico Diacono

E anche se non vorrei illudermi che almeno qualcuno dopo aver letto queste righe rifletta e si fermi a pensare al male che fa o che subisce, non posso fare a meno di sperare.

Per tutte le persone sole, apatiche e tristi voglio dare solo un messaggio.

Non siete i soli a soffrire.
Non siete soli.

Voglio illudermi, voglio credere, voglio mormorare e poi GRIDARE A QUESTO CAZZO DI MONDO CHE NO. Non mi ha ancora buttato completamente giù. E non ci riuscirà tanto facilmente.”

Antonella Diacono