Era Giuseppe Grandi, il nonno Geppe. O il nonno Montebugnoli e non ho mai capito perché, ma mi piaceva, sapeva di monti che lui amava perché ci sono i fiumi, dove passava intere giornate a pescare. Da solo, con la sua Milina, che dormiva paziente e innamorata del mio nonnino.

L’ho conosciuto e amato per troppo poco tempo. A dieci anni mi dissero che il nonno Geppe, il mio bellissimo nonno Geppe, se n’era andato. E subito mi ricordai quando mi faceva salire sulla sua moto in garage per fare brumm brumm mentre lui rideva con i suoi occhi dolci, della sua pancia un po’ gonfia, che mi faceva picchiettare facendomi sentire il rumore dell’eco, per farmi credere che là dentro ci fosse un circo ma poi quel circo se lo portò via.

Poi da grande i miei mi hanno raccontato tante cose, la sua eccessiva delicatezza che spesso veniva scambiata per ritrosia, la sua generosità che veniva scambiata per spendaccioneria, la sua bellezza insicura quasi inconsapevole che lo faceva cadere in gelosie immotivate. Era nato da una famiglia di artisti molto benestanti, due cantanti che tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 giravano il mondo. La mamma era una cantante lirica, un soprano, e lui conservava ancora un portafoto di finissima fattura con una borchia centrale dove era incisa, con calligrafia elegante e professionale, una dedica alla sua mamma. Era firmata: Un Ammiratore

Impossibile descrivere cosa significasse per me, bambina sognatrice e un po’ persa fra le nuvole, quella dedica. Roba da libri di favole o da vecchi film. Invece era lì, davanti a me, davvero. 

Che meraviglia.

Si innamorò di mia nonna perché era una bella donna e potevano essere la coppia più felice del mondo.

Il nonno Geppe poteva essere un uomo felice ma la malinconia e, alla fine, la disillusione lo hanno allontanato sempre di più dalle cose quotidiane e si è isolato, sempre di più, fino alla fine.

Ciao nonno Geppe bellissimo, ti abbraccio con amore infinito.

La tua nipotina

Giuliana Grandi

P.s. le mie mani sono uguali alle tue